Partiti tradizionali
I partiti tradizionali sembrano passati di moda. Ne prendiamo atto. Ciò che non dobbiamo mai dimenticare è il senso della politica e cioè che è dalla società che deve nascere il bisogno di nuove e diverse forme di aggregazione politica e che solo dopo è possibile passare a costruire strutture e partiti. Nella cittadella riformista c’è ancora una questione socialista aperta che sembra avere perso i suoi contenuti. Il tentativo fallito dell’unità socialista ci indica chiaramente che bisogna ridefinire il socialismo. La nuova società lo chiede a gran voce, chiede di riempire di nuovi obiettivi la parola socialismo, chiede di ridare vero significato al termine riformismo, ormai così abusato sia a destra che a sinistra.
Ci siamo accorti dei profondi cambiamenti. Siamo consapevoli che la nuova società si muove con sempre maggiore forza verso una collettività ispirata al modello liberista, nel quale ha spazio principale il ruolo competitivo e di mercato, in contrapposizione ad un modello statalista che riconosceva i diritti, li garantiva e forniva anche i servizi. Lo stato garantisce sempre di meno quei diritti sociali che erano alla base della costituzione: lavoro, scuola, salute, casa.
Abbiamo assistito ad un profondo cambiamento che ha tolto protezioni sociali senza sostituirli con altri strumenti di copertura sociale e di uguale forza, lasciando sempre di più il cittadino solo di fronte ad una società in cui le regole sono dettate dal più forte.
Abbiamo assistito alla creazione di nuovi gruppi di potere, alla riaffermazione di quei poteri, più o meno occulti che hanno governato con le regole dei consigli di amministrazione e che hanno come caratteristica principale la mancanza di base democratica. Una grossa parte di cittadini è stata privata delle garanzie sociali e su di essa ci si è limitati ad interventi occasionali di tipo caritatevole assistenziale che hanno prodotto forti clientele.
Abbiamo assistito ad un sistema protetto che ha agito a tutti i livelli della vita produttiva dal lavoro autonomo alle professioni e che ha creato una serie di corporazioni che hanno danneggiato cittadini e giovani ma soprattutto lo sviluppo e la crescita delle nuove professioni e delle nuove forme di lavoro verso cui avvertiamo quasi una specie di opposizione da parte delle lobbies protette per impedirne la crescita.
Si è così creato una società protetta, parassitaria che vive di rendita sulle spalle dei più deboli e di coloro che fanno il loro dovere, una società che vive in sistema composto di tanti sottosistemi che assorbono e sprecano risorse sia umane che finanziarie, accrescendo il debito pubblico e gli sprechi, rendendo buio il futuro dei nostri giovani.
L’impegno di noi socialisti è quello di richiamare gli uomini ed i partiti della sinistra a combattere con ogni energia un sistema di potere conservatore, immobile.
Dobbiamo parlare di meriti e bisogni, aggiornarli alle condizioni del presente.
Dobbiamo ammettere a noi stessi che certe forme esistenti dello stato sociale hanno costruito, specialmente nel mezzogiorno, più sudditanza clientelare che cittadinanze. A noi socialisti la responsabilità della proposta, di tradurre in battaglia politica i nuovi bisogni della gente.
Impegniamoci per un grande compito, la riforma dello stato sociale e cioè debelliamo, limitiamo quelle dimensioni dello stato sociale che hanno nascosto o indebolito lo stato di diritto e che sono il mantello di false uguaglianze che hanno sacrificato e ridotto il tessuto della legalità.
E’ un grande compito e tocca una molteplicità di temi intorno ai quali è necessario formare una nuova coscienza civile.
Impegniamoci per:
• per un attacco duro e convinto alle corporazioni, agli ordini professionali a tutto ciò in cui si disperdono le energie delle nuove generazioni.
• per il lavoro flessibile contro le vecchie rigidità.
• per creare le condizioni e le opportunità affinché nasce una nuova classe di imprenditori e affinché i nuovi laureati attraverso stage, master possano frequentare ambiti che favoriscono contatti con il mondo del lavoro.
• Perché il sollievo che noi meridionali abbiamo avvertito quando si è pensato allo “Spazio Europeo della ricerca“ come ad una sorta di mercato unico della conoscenza non rimanga una illusione e si riesca a creare una rete di capaci intermediari in grado di convertire i risultati della ricerca accademica in elementi produttivi per l’industria, in modo da ridurre lo scarto tra la produzione della conoscenza scientifica e la capacità di trasformarla in innovazione tecnologica.
• perché le università, la scuola, l’istruzione riacquistino dignità e ruolo centrale di culla della civiltà.
• per individuare opportune politiche di integrazione che permettano a “clandestini” ed “immigrati” di vivere e lavorare alla luce del sole senza nutrire l’economia sommersa, la malavita e l’evasione fiscale contributiva.
• perché istituzioni politiche ed organizzazioni sociali non siano costretti solo a proporre soluzioni a breve termine ma possano pensare con grande anticipo a molti problemi ambientali ed energetici e possano affrontarli con prospettive a lungo raggio.
• per le politiche di welfare, perché siano concepite come azioni integrate in grado di guardare ai bisogni sociali in un quadro generale di diritti.
Abbiamo bisogno più che mai di dibattito, di contenuti e soprattutto di ridare dignità e prestigio alla figura del politico per affrontare questa difficile e lunga battaglia. Le prospettive di aggregazione devono essere motivati dalla condivisione dei contenuti e non dalle strategie pensate per raggiungere postazione di successo personali.
Ed il percorso di noi “ i socialisti” deve essere finalizzato solo a questo. Alla conferenza programmatica di Napoli si sono prospettate due strade: quella del futuro Partito democratico che dovrebbe nascere dalle due istanze politico ideologiche del passato; quello dei comunisti sfociati nel riformismo e quello dei popolari ex democristiani e che dovrebbe avere come collante il riformismo socialista e quella della rosa nel pugno che ha dalla sua parte il senso di una prospettiva condivisibile, la necessità che si torni al confronto delle idee ed una forte propensione innovativa sul nuovo ruolo dei partiti.
Delly Fabbiano
Comitato di reggenza regionale
“I socialisti”
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